presS/Tletter n.34-2007
LA STORIA IN PILLOLE di Rossella de Rita
Regione e regionalismi: Italia e Spagna
Alcuni giorni fa risistemando i file nel mio computer mi è caduto l’occhio su una recensione che ho scritto riguardo ad un seminario dal titolo “Regioni e regionalismi. Italia e Spagna” tenutosi a Roma il 15 dicembre 1998, che poneva a confronto lo sviluppo economico dei due paesi, con particolare riguardo ai problemi degli squilibri regionali.
Gli squilibri regionali, sia nella penisola iberica che in quella italiana, hanno radici profonde ma mostrano tutta la loro evidenza, ponendosi come un effettivo problema politico, solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
In Spagna forti tendenze regionaliste cominciarono a manifestarsi negli ultimi anni del XIX secolo diventando in seguito un vero e proprio problema di politica interna. Le aree più evolute del paese, quali la Catalogna e il Paese Basco, insofferenti verso la politica economica attuata dallo Stato, ritenuto incapace di rispondere alle esigenze delle regioni industrializzate, rivendicavano una gestione autonoma delle proprie risorse. Nel 1913 fu riconosciuta alla Catalogna la possibilità di costituire un ordinamento amministrativo autonomo e il Paese Basco iniziava la procedura per ottenere analoghe facilitazioni. L’affermarsi della dittatura di Primo de Rivera e le successive vicende politiche non risolsero i problemi regionali e anzi acuirono le spinte separazionistiche del Paese Basco. L’avvio di vere e proprie opere di trasformazione delle strutture produttive dovette attendere la fine degli anni ‘50 quando, sulla spinta delle pressioni esercitate dal Fondo monetario internazionale, fu attuato, nel 1959 il Plan de Estabilizacion.
L’approvazione della nuova Costituzione nel ‘78 portò al riconoscimento delle nazionalità storiche (Catalogna, Paese Basco e Galizia) e all’estensione dell’autonomia alle altre regioni. La trasformazione in senso democratico delle istituzioni e l’ammissione nella CEE nel 1986 coincise con un profondo cambiamento, fondamentale per l’economia spagnola, nelle linee di politica economica a livello regionale; gli anni tra il 1983 e il 1990 sono stati caratterizzati da alti ritmi di crescita e gli standard di produzione si sono avvicinati velocemente a quelli europei. La possibilità per le comunità autonome spagnole di gestire  direttamente la loro politica di sviluppo ha reso gli interventi a livello locale molto più proficui.
Nel caso italiano lo sviluppo industriale ha costituito un importante fattore di regionalizzazione economica. L’unificazione italiana determinò l’estensione del medesimo ordinamento amministrativo a tutto il territorio nazionale ma ciò non sempre rispose alle reali esigenze delle varie aree, con gravi tensioni soprattutto nelle zone con economia più debole per le quali i costi della modernizzazione economica risultavano troppo elevati. La costituzione dello Stato italiano rese indispensabile la formazione di un apparato amministrativo omogeneo, che comportò l’estensione della normativa elaborata per il Piemonte a tutta l’area nazionale, sanzionando l’ordinamento amministrativo a base provinciale e frustrando le aspettative di coloro che volevano uno sviluppo delle autonomie locali.
Agli inizi degli anni ‘50 lo sviluppo industriale era ancora limitato alle regioni in cui si era manifestato all’inizio del secolo, ma erano cambiati il clima politico e sociale ora più favorevoli al rilancio di una politica regionale che portò alla creazione della Cassa per il Mezzogiorno, il cui compito istituzionale era di realizzare un piano di opere funzionale allo sviluppo economico del Sud attraverso un intervento programmatico e aggiuntivo rispetto a quello dello Stato.
In Spagna la crescita del turismo e della piccola e media industria, il processo di democratizzazione attuato alla fine degli anni’ 70 e l’affermarsi delle autonomie regionali hanno contribuito, insieme a molti altri fattori, ad innescare un processo di sviluppo per cui l’economia nel suo complesso presenta, oggi una maggiore tendenza alla convergenza di quella italiana.
Nella nostra penisola negli ultimi quarant’anni la problematica riguardante il Mezzogiorno si è modificata profondamente, in quanto la crescita dell’economia italiana ha coinvolto anche le regioni del Sud, permettendo di superare molte rigidità strutturali e migliorando nel complesso le condizioni di vita. I vari tentativi d’innestare al suo interno un processo d’industrializzazione non sono però riusciti a generare uno sviluppo autopropulsivo e, pur riducendo in piccola parte i divari esistenti con il Centro-Nord in termini di reddito pro-capite, restano fortissime le rigidità sociali che inducono alla persistenza di un notevole ritardo nell’evoluzione del sistema produttivo meridionale.