
presS/Tletter n.04-2008
LA STORIA IN PILLOLE di Rossella de Rita
La banca italiana dal dopoguerra agli anni ’80
Nel corso del Novecento, la storia economica del nostro paese si riflette in larga misura nella storia del sistema bancario italiano, delle sue istituzioni e delle sue crisi. Una rilettura della sua evoluzione è, dunque, anche un’occasione per evidenziarne i legami con le vicende politiche ed economiche.
Gli anni tra le due guerre furono un periodo di grossi rivolgimenti che alterarono la struttura e il funzionamento del sistema bancario italiano. Questa trasformazione si avviò negli anni ’20 seguendo tre direttrici: la moltiplicazione degli istituti di credito speciale, la legge bancaria del ’26 seguita poi da quella del 1936, il passaggio delle grandi società di credito ordinario da banche miste a banche holding.
La legge bancaria del 1926 aveva posto alcuni principi cardine del nostro sistema, quali l’unicità della banca d’emissione, la possibilità di aprire nuove aziende di credito solo previa concessione di una licenza, l’obbligo per gli istituti di costituire delle riserve.
La legge bancaria del 1936 fece seguito alla profonda depressione che colpì gran parte delle economie dopo la crisi del ’29 e, nonostante successivi provvedimenti, ha continuato a dirigere il nostro sistema bancario fino agli anni ’90. In particolare, stabilì la proprietà pubblica delle imprese bancarie, che finirono tutte per essere controllate dallo Stato e in particolare dall'IRI, la netta distinzione tra attività d’intermediazione creditizia e attività industriali e la specializzazione temporale. Questa ultima implicava che una banca non poteva concedere finanziamenti a breve e a lungo termine allo stesso tempo ma doveva decidere se specializzarsi nei finanziamenti a breve (istituti di credito ordinario) o a lungo termine (istituti di credito speciale). Infine gli istituti di credito speciale dovevano scegliere un settore nel quale operare e potevano concedere finanziamenti solo alle imprese operanti in quel settore.
Il nuovo sistema bancario italiano si completò con la fondazione, il 10 aprile 1946, della Banca di Credito Finanziario, poi nota come Mediobanca, per opera dei tre istituti d’interesse nazionale (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma). Il nuovo ente si sarebbe occupato del credito a medio termine, da uno a cinque anni, approvvigionandosi con il risparmio privato e con l’emissione di buoni fruttiferi e di obbligazioni con analoga scadenza, ma anche con il collocamento di azioni e di obbligazioni per conto terzi ed altre minori attività.
Di fatto, riprendendo la funzione esercitata un tempo dalla “banca mista”, ma senza coinvolgere in modo diretto le banche ordinarie, Mediobanca da un lato ha presidiato gli aspetti della proprietà e del controllo societario nell’ambito dell’establishment economico e, dall’altro, ha promosso e coordinato le relazioni fiduciarie e di sindacato più funzionali alle mutevoli potenzialità e strategie di alcuni dei maggiori gruppi industriali e finanziari italiani.
Mediobanca rimase proprietà delle tre banche d’interesse nazionale fino alla fine degli anni ’80, quando fu parzialmente privatizzata.
Il divieto di concedere credito a medio e lungo termine venne in realtà più volte aggirato dagli istituti di credito ordinario, attraverso la concessione d’aperture di credito che, solo formalmente, si presentavano sotto la veste del credito d’esercizio.
Negli anni ’80 anche la Banca d’Italia, controllore della separazione tra credito a breve e a medio e lungo termine cominciò ad incoraggiare la fondazione di merchant banks e la formazione di gruppi polifunzionali che avrebbero assunto caratteristiche tipiche delle banche universali in grado di fornire credito alle nuove iniziative imprenditoriali e assecondare il trend internazionale verso la despecializzazione degli intermediari finanziari.