
presS/Tletter n.07-2008
LA STORIA IN PILLOLE di Rossella de Rita
I banchi pubblici
Nella seconda metà del Cinquecento e nei primi decenni del secolo successivo apparvero sulla scena bancaria, specie in Italia e nei Paesi Bassi, le prime banche pubbliche, che ebbero inizialmente, compiti prevalenti di deposito e di giro. Le ragioni della loro nascita possono essere studiate sotto diversi aspetti. Il periodo di cui si tratta è stato caratterizzato da forti oscillazioni monetarie, spesso causa del fallimento di banchieri privati. Negli atti di fondazione di molti istituti era ricordata la necessità di salvaguardare la sicurezza del risparmio dei soggetti economici più deboli, dagli effetti della svalutazione e dai dissesti finanziari degli operatori bancari privati. Le categorie più produttive, che per esigenze di commercio si servivano dei banchi privati furono anch’esse travolte dall’instabilità monetaria, con immaginabili costi sociali. Cominciava a sentirsi, sempre più forte, la necessità d’impostare linee di politica sociale ed economica, che ponessero a carico dello Stato interventi in difesa sia dei piccoli risparmiatori, che della produzione.
Nel loro pratico funzionamento i banchi pubblici spesso emettevano cedole, rappresentative dei depositi, che erano accettate in pagamento come moneta. Questa prassi era già stata sperimentata dai banchieri privati, ma attraverso il banco pubblico, l’autorità centrale si assicurava una forma di controllo della circolazione e la possibilità di accennare le prime forme di una politica monetaria. I banchi pubblici non crearono, nella pratica, nulla di nuovo, nulla che non fosse già stato sperimentato dai banchieri privati fin dal XIV secolo. Ebbero però un’importanza primaria funzionando spesso da elementi moderatori e regolatori della circolazione monetaria, dando allo Stato la qualifica di artefice primo e unico della circolazione monetaria. In un’epoca in cui sempre maggiore importanza assumeva il concetto di Stato nazionale, cresceva la necessità di disporre di fonti sicure per le urgenti anticipazioni di cassa, di strumenti rapidi per provvedere ai pagamenti con semplici aperture di credito, di gestioni esperte e attente per la politica del debito pubblico.
Il più antico esempio di banco pubblico è fornito dalla Casa di San Giorgio che operò tra il 1408 e il 1444 a Genova amministrando il debito pubblico, esercitando alcuni affari di banca, limitati ai depositi, alle operazioni di giro, alla concessione di prestiti allo Stato e agli appaltatori di pubbliche entrate. Perché si arrivi all’istituzione del banco pubblico gestito direttamente dallo Stato, oppure appaltato ad un privato, in regime di monopolio e sotto il controllo dello Stato, occorre attendere il 1553 con l’istituzione della Tavola di Palermo, seguita dalla ripresa dell’attività bancaria della Casa di San Giorgio (1586), dall’istituzione del Banco della piazza di Rialto (1587) e sempre nello stesso anno della Tavola della città di Messina. A questi fecero seguito il sorgere d’istituti simili in tutte le maggiori città italiane.
Il carattere ufficiale era comune a tutti i banchi pubblici ma, nel loro funzionamento, nei rapporti con l’autorità centrale e con gli operatori economici locali, si rivelavano differenze abbastanza profonde, derivanti dalla diversità dell’ambiente economico in cui essi svolgevano la loro attività e dei fini che erano effettivamente assegnati.
I banchi siciliani ebbero spesso il carattere prevalente di casse del Comune cui affluivano tutte le entrate e si attingeva per tutte le spese; nei banchi di Venezia, Genova, Milano la funzione commerciale sembrò spesso prendere prevalenza.
I banchi hanno avuto nella vita commerciale del Seicento una notevole importanza, con le agevolazioni che essi hanno offerto alla regolazione dei pagamenti di piazza e internazionali e con le possibilità che hanno potuto offrire, al ceto commerciale, di non essere travolto dal caos monetario di quel periodo.