presS/Tletter n.33-2008
LA STORIA IN PILLOLE di Rossella de Rita
Il primato economico italiano
Nel periodo compreso tra la fine del Duecento e l’inizio del Seicento, le città italiane del centro Nord avevano raggiunto un primato economico che le ponevano come economia guida dell’Europa occidentale. I grandi centri urbani di Firenze, Milano, Venezia, Genova, Siena, solo per citarne alcune, erano tra le maggiori città del continente e la densità della popolazione urbana era molto elevata. I principali settori produttivi erano rappresentati dall’industria della lana e della seta. Sviluppatissimi erano i commerci marittimi e il settore bancario.
I vantaggi economici raggiunti possono essere fatti risalire alla Rivoluzione commerciale del tardo Medioevo, che aveva comportato nuove tecniche produttive, l’aumento della popolazione e del commercio.
Le città italiane si trovarono in una posizione particolarmente vantaggiosa dal punto di vista geografico e seppero approfittarne. La posizione centrale del mar Mediterraneo, come via di traffico fra civiltà con notevole potenziale economico, favorì la penisola italiana, e in particolare le cosiddette città marinare. Nessun’altra città dell’Europa potè godere degli stessi vantaggi, date le tecniche commerciali allora note.
Lo sviluppo delle industrie, del commercio e l’urbanizzazione ebbero un effetto di stimolo anche in altri settori. Il commercio per mare aveva bisogno di navi, stimolando così la cantieristica; l’aumento degli abitanti nei centri urbani richiese lo sviluppo dell’edilizia. Le attività di base stimolavano le altre e insieme, moltiplicavano la crescita dell’occupazione in città e l’emigrazione dalle campagne. Gli accresciuti fabbisogni alimentari agivano da stimolo sulla produzione agricola la quale, però, si rivelò ben presto insufficiente ai bisogni di una domanda in espansione. I vantaggi che avevano interessato per prime le città del Centro Nord cominciarono a propagarsi anche su altre sfere. Le materie prime come la lana e la seta erano importate dalla Francia, dalla Spagna, dall’Inghilterra, dall’Africa del Nord, dalle terre del Levante;  i prodotti alimentari provenivano dalle pianure del Mar Nero, che fornivano grano e dall’Ungheria che esportava bestiame. Le relazioni commerciali principali furono però intessute con il sud dell’Italia. Alla fine del Cinquecento i legami tra il Nord e il Sud erano particolarmente forti. Il Sud forniva soprattutto grano, seta greggia, vino lana e olio, ricevendone in cambio prodotti industriali e servizi commerciali.
Il quadro delineato raggiunge il suo apice a metà del Cinquecento e riesce a mantenersi inalterato fino agli inizi del Seicento, quando la posizione dell’Italia come economia guida viene a essere soppiantata da altri paesi dell’Europa.
Le città italiane raggiunsero quindi nella seconda metà del XVI secolo la fase della maturità, nella quale, nello stato delle tecniche conosciute e adottate, non è più possibile una crescita ulteriore della produzione agricola, industriale e dei prodotti commerciali.
Il problema agricolo si poneva come urgente. Lavori di bonifica furono organizzati in diverse parti della penisola, ma dovendo conquistare all’agricoltura terre di più difficile coltivazione si traduceva in aumento dei prezzi di questi prodotti. La scarsità della terra inoltre influenzava la distribuzione dei redditi. Il fattore terra, sempre più scarso, aumentava di prezzo, di conseguenza si accresceva la rendita, improduttiva, sottraendo risorse ai lavoratori e agli affittuari e in ultima analisi ne veniva ridotto il profitto da reinvestire.
Sul piano della produzione industriale tendeva a ridursi il distacco con le economie inseguitrici che, potendo sfruttare la diffusione delle tecniche produttive, rese note proprio dagli italiani, utilizzavano l’esistenza di manodopera non specializzata, che lavorava però a un costo inferiore. Il risultato era una forte concorrenza che avveniva con panni di lana meno pregiati di quelli italiani, ma a un costo molto più basso.
L’Italia pagò anche lo scotto della sua posizione geografica che, ora che i commerci abbracciavano aree molto più ampie e il Mediterraneo aveva perso il suo ruolo centrale, non la favoriva più come in passato.