presS/Tletter n.32-2010
LA STORIA IN PILLOLE di Rossella de Rita
Una nuova fase per Roma: Nathan e il Blocco popolare
Gli inizi del secolo XX segnarono nuove possibilità di sviluppo economico in tutta Italia e soprattutto nuove possibilità di sviluppo capitalistico. La borghesia imprenditrice e intellettuale si consolidò e si fece più audace nelle sue richieste di un posto preciso nella nuova realtà economica, richieste e ascoltate e fatte proprie da Giolitti.
I primi anni del XX secolo furono di generale ripresa dalla grande depressione e Roma non fece eccezione. Superata la grave crisi economica cercò di emergere dalla stagnazione spinta da nuove forze produttive. L’aumento demografico che interessò la città spinse a investire anche in quei settori che fino allora erano stati considerati meno interessanti. Aumentarono gli opifici nel campo meccanico, si allargarono il settore alimentare e quello tipografico. L’utilizzo dell’energia idraulica diventò la regola e cominciò a diffondersi l’energia elettrica. Comparve l’industria del cemento, localizzata nel territorio della provincia, vicino Civitavecchia; a questa si legarono numerose fabbriche, che lavoravano a Roma, per la produzione di oggetti in cemento. Il numero degli operai aumentò in maniera considerevole.
S’inaugurarono monumentali opere pubbliche, si completarono quartieri già tracciati, se ne iniziarono di nuovi. Nonostante l’avvio di numerose attività industriali, ancora una volta i cospicui interessi finanziari romani e non si indirizzarono verso l’edilizia. L’urbanistica tornò a essere il problema nella vita della capitale.
L’affermarsi del governo Giolitti pose però una nuova visione per Roma a cui vennero riconosciute le particolari caratteristiche dovute al suo doppio ruolo: città e capitale. La città doveva essere sottoposta ai disegni governativi ma, si distinguevano funzioni e spese tra la capitale e lo Stato e si stabilivano due campi di intervento riguardanti la speculazione edilizia e l’iniquo carico fiscale addossato ai residenti. Giolitti ebbe il merito di sottolineare il differente livello di Roma rispetto gli altri comuni e la necessità di risanare le sue finanze. Una nuova visione dei rapporti tra Stato e città era cominciata già con Crispi e Giolitti continuò sulla medesima strada.
In questo nuovo clima a Roma riprese vigore un movimento democratico, espressione della borghesia locale, del ceto medio dei professionisti e degli impiegati, il cui primo obiettivo era quello di conquistare il Campidoglio. A tal fine fu costituito il blocco popolare formato da repubblicani, radicali, socialisti. Nel 1907 riuscirono a uscire vittoriosi dalle elezioni amministrative e divenne sindaco Ernesto Nathan. L’alleanza che venne a realizzarsi tra Giolitti e Nathan inaugurò una nuova stagione per la capitale, sottraendo per alcuni anni, il governo della città al patriziato romano, aprendo una nuova fase tesa alla democratizzazione e alla laicizzazione.
L’amministrazione che sorge nel 1907 è fortemente anticlericale. Nathan è ebreo, massone, mazziniano, anticlericale; il suo programma si basa su alcuni punti fondamentali: istruzione pubblica, assistenza sanitaria, piano urbanistico, case popolari.
Un impulso considerevole fu dato all’edilizia scolastica che consentì di far salire in maniera considerevole gli alunni delle elementari e di aumentare le classi d’istruzione media a indirizzo tecnico e di portare scuole anche nelle contrade dell’Agro. In diversi quartieri romani furono costruiti i giardini d’infanzia.
Nel campo dell’assistenza sanitaria furono istituite pubbliche guardie ostetriche e presidi medici per cure gratuite e per la profilassi delle malattie infettive.
I servizi pubblici essenziali dovevano, secondo l’ottica della nuova amministrazione, essere sottratti al monopolio privato.
Acqua, luce, gas, linee di trasporto sono beni di tutti che devono essere gestiti dal Comune nell’interesse dei cittadini.
Nell’ottica di una democratizzazione della vita pubblica cittadina, la municipalizzazione delle linee tranviarie fu sottoposta a referendum popolare, con esito positivo.
Il campo più duro di battaglia che la nuova amministrazione dovette affrontare fu quello edilizio.
Quando il blocco popolare s’insediò in Campidoglio le proprietà edificabili erano per più del 50% in mano a pochi proprietari: la Società Gianicolo, guidata da Medici del Vascello, la Società Generale Immobiliare d’ispirazione vaticana la Piaggio e la Banca d'Italia. Questi attori da soli pilotavano i prezzi dei terreni. Il destino di Roma era nelle loro mani. Per sconfiggere il trust fondiario, Giolitti e Nathan escogitarono la tassa sulle aree fabbricabili, cardine delle leggi speciali varate nel 1904 e nel 1907. Sulla carta fu una rivoluzione. Tutti i proprietari erano obbligati a denunciare il valore dei rispettivi possedimenti. Il Comune poteva incassare una tassa dell'uno per cento (poi portata al tre per cento), oppure espropriare il terreno, sempre sulla base del valore dichiarato: ingegnoso meccanismo, che nelle intenzioni dei suoi fondatori avrebbe dovuto stroncare i monopoli. Se il latifondista denunciava un valore troppo basso per evadere l'imposta, rischiava l'esproprio, con un indennizzo calcolato sul valore dichiarato, a lui sfavorevole. I grandi proprietari organizzarono la resistenza. Si coalizzarono in un'associazione corporativa, invocando le tradizioni del diritto privato minacciate da Giolitti e Nathan, protestarono, minacciarono, seppellirono il Parlamento sotto una montagna di memoriali, ricorsero al Consiglio di Stato e alla magistratura, infine promossero uno sciopero fiscale. Lo scontro con i poteri forti della città fu mortale: e Nathan fu sconfitto, fu battuto nella battaglia della rendita immobiliare. Il sostegno di Giolitti non bastò.
Il terzo e più ambizioso strumento del riformismo liberale, il Piano regolatore concepito nel 1908 dall'ingegnere capo del Genio Civile di Milano, Edmondo Sanjust di Teulada, seguì il medesimo destino.