presS/Tletter n.01-2011
LA STORIA IN PILLOLE di Rossella de Rita
Il movimento operaio a Roma
Osservando lo sviluppo economico di Roma in un’ottica storica si notano, dal 1870 in poi, alcuni fattori costanti. Gli investimenti hanno da sempre privilegiato le grandi opere pubbliche quali l’insediamento dei ministeri, i fasti del regime fascista, le Olimpiadi, i mondiali di calcio, il Giubileo e via di seguito, oppure sono comunque stati legati alla funzione pubblica e al settore della comunicazione.
Il processo di urbanizzazione non è stato accompagnato da un parallelo sviluppo industriale e l’accresciuta manodopera, proveniente soprattutto da flussi migratori, è stata impiegata nelle attività connesse allo sviluppo urbano, all’insediamento e alla crescita dell’apparato statale.
La particolare natura dell’economia cittadina rese meno compatta e continua, meno chiara nelle sue prospettive, la lotta dei lavoratori romani. La maggior parte di questi si trovava ad avere di fronte non un vero e proprio capitalista ma, più spesso un ente pubblico; l’oppressore ma anche colui che concedeva e poteva riconoscere diritti.
Roma così come mancava di un vero tessuto industriale, spiccava quindi per l’assenza di un moderno proletariato, le cui rivendicazioni potessero essere sostenute da forme di tutela organizzate.
La mancanza di una coscienza di classe e di una vera organizzazione impedì la pianificazione di una strategia di lotta e le rivendicazioni degli operai trovarono il loro sbocco solo in sussulti insurrezionali, placati però dalla tendenza ad affidarsi al paternalismo governativo.
Unica categoria più forte e compatta era quella dei tipografi che, anche grazie al fatto di saper leggere e scrivere, giunse prima di altri a organizzarsi per la tutela del proprio lavoro.
La crisi vissuta alla fine del XIX secolo provocò una massiccia disoccupazione e la reazione disperata degli operai con l’assalto ai forni e la devastazione dei negozi del centro della città. In questo clima sempre di più tesero ad affermarsi tendenze anarchiche. Le due categorie tradizionalmente più importanti nel movimento operaio romano erano gli edili e i tipografi. La categoria degli edili era quella che più facilmente si lasciava affascinare da tendenze rivoluzionarie ed era più vicina al pensiero anarchico. I tipografi avevano invece tendenze più riformiste e un atteggiamento più collaborativo con i pubblici poteri.
Il 1° maggio 1891, prima celebrazione della festa del lavoro in Italia, ci furono dei disordini in piazza Santa Croce in Gerusalemme, che dovevano dare il via alla rivolta che doveva estendersi a tutta la città. La rivolta fu repressa e le forze rivoluzionarie e anarchiche, che fino a quel momento avevano guidato le proteste dei lavoratori, dovettero lasciare il passo a forze più moderate che, nel 1892, riuscirono ad ottenere la costituzione della Camera del Lavoro. L’influenza socialista cambiò la posizione della Camera del Lavoro portandola a un aperto conflitto con i pubblici poteri, tanto che nel 1897 fu disposta la sua chiusura con l’accusa di fomentare gli scioperi e i disordini.
Ricostituita nel 1900, pochi anni più tardi partecipò attivamente all’elezione di Ernesto Nathan.